Il termine "usabilità", o "facilità d'uso", si riferisce ad una molteplicità di concetti come il tempo di esecuzione, la performance, la soddisfazione dell'utente e la facilità di apprendimento (Abran, Khelifi, Surin & Seffah, 2003), ma fino ad oggi non ha ancora ricevuto una definizione univoca dai ricercatori e dalle organizzazioni che si occupano di standardizzazione.
Fra queste, l'Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione (ISO, International Standard Organization), la Commissione Elettrotecnica Internazionale (IEC, International Electrotechnical Commission) e l'Istituto degli Ingegneri Elettrotecnici ed Elettronici (IEEE, Institute of Electrical and Electronic Engineers) hanno fornito diverse definizioni di usabilità:
A set of attributes that bear on the effort needed for use and on the individual assessment of such use, by a stated or implied set of users. (International Standard Organization/International Electrotechnical Commission, 1991)
The capability of the software product to be understood, learned, used and attractive to the user, when used under specified conditions. (International Standard Organization/International Electrotechnical Commission, 2001)
The extent to which a product can be used by specified users to achieve specified goals with effectiveness, efficiency and satisfaction in a specified context of use. (International Standard Organization, 1998)
The ease with which a user can learn to operate, prepare inputs for, and interpret outputs of a system or component. (Institute of Electrical and Electronic Engineers, 1990)
La molteplicità dei punti di vista evidenziati nei diversi standard ha portato ad una varietà di prospettive adottate nel corso degli anni dai gruppi di esperti di usabilità che hanno redatto i modelli ISO.
Nonostante la carenza di un punto di vista univoco, il merito di questi standard, ed in particolare di quelli della serie ISO 13407 (1999), è stato fondamentalmente quello di aver posto l'attenzione sui modelli progettuali di "design centrato sull'utente" (user centered design) (Visciola, 2000), un concetto fortemente promosso da Donald Norman in The Psychology of Everyday Things (Norman, 1997), e che nel settore della progettazione ha acquisito un'importanza sempre maggiore.
In principio, nell'ambito dell'Interazione Uomo Macchina (HCI, Human Computer Interaction), la nozione di una progettazione centrata sull'utente finale, che prendesse cioè esplicitamente in considerazione i suoi bisogni, le preferenze, e le abilità non era seriamente contemplata (Carrol, 1997). Ma dopo pochi anni si è cominciato a porre l'attenzione su un processo di sviluppo in cui l'usabilità ricopriva un ruolo primario, un obiettivo raggiunto attraverso controlli empirici.
In Cognitive Artifacts, Donald Norman (1991) sottolinea il fondamentale ruolo che gli artefatti cognitivi giocano nell'elaborazione dell'informazione da parte del sistema cognitivo dell'individuo. Essi infatti possono produrre un miglioramento della performance, ma ciò normalmente non avviene attraverso l'amplificazione delle abilità individuali. Al contrario, gli artefatti cognitivi modificano la natura del compito e, così facendo, possono incrementare la prestazione generale.
In particolare, Norman (ibidem), descrivendo il ciclo dell'azione, ossia il processo di interazione tra il soggetto, l'artefatto e l'oggetto su cui si intende operare, mette in luce la distinzione fra il golfo della valutazione, che si riferisce alla difficoltà di valutare lo stato dell'ambiente, e il golfo dell'esecuzione, che ascrive alla difficoltà di agire sull'ambiente. Questi golfi possono essere superati in due modi: progettando l'artefatto in maniera appropriata, oppure attraverso l'addestramento dell'utente. Così, una persona con un alto livello di competenza può superare mentalmente i due golfi, in modo tale da agire inconsciamente sull'artefatto, ma allo stesso tempo conservando la percezione di operare direttamente sull'oggetto.
In generale, quindi, si può affermare che riducendo la complessità degli aspetti del compito intrinseci al mezzo che l'utente sta usando, e abbassando il livello di competenza necessario, si può ottenere un incremento dell'usabilità. La facilità d'uso, infatti, deriva dalla sensazione di eseguire il compito primario, senza dover prestare troppa attenzione agli strumenti che ci permettono di eseguirlo.
In conclusione, un sistema facile da usare dovrà ridurre, o se non altro non aumentare, il livello di abilità necessario per portare a termine il compito (Visciola, 2000).
Purtroppo, però, nel settore dell'informatica è diventata una consuetudine rimediare alle carenze dei sistemi attraverso un periodo di istruzione e addestramento, talora prolungato. In questo modo la difficoltà d'uso viene affrontata incrementando le competenze dell'utente, ricorrendo a lezioni, a manuali o all'assistenza di esperti (si pensi per esempio ai pacchetti software di Office). Naturalmente, nel caso dei siti web, questo tipo di approccio non è praticabile nè ammissibile.