Come si è già visto ne capitolo precedente, nella realtà molti strumenti non rientrano nella consapevolezza dell'utilizzatore. Ciò accade solo quando la situazione cattura l'attenzione della mente su di essi.
Norman sostiene che gli artefatti dovrebbero essere invisibili, intervenendo solo per aiutare a portare a termine il compito, senza caricare di problemi che distolgano la mente.
Ci si domanda, quindi, se il MdR resti in sottofondo, invisibile agli utenti, consentendo loro di concentrarsi sulle informazioni da reperire o se al contrario intervenga nel processo a "disturbare" l'acquisizione di conoscenze in atto, portandosi preponderantemente in primo piano.
L'artefatto cognitivo, di cui parla Norman, può in realtà essere veramente invisibile? E in quali situazioni ciò avviene?
I navigatori possono imbattersi in ricerche facili, in cui le informazioni, digitando semplici stringhe di ricerca, sono semplicemente reperibili tra i risultati dati dal MdR oppure in ricerche più difficili che comportano il mettere in atto varie strategie, dal cercare le parole chiave più adatte alla consultazione di varie SERP, al ricercare in siti specifici.
L'obiettivo che ci si pone, attraverso un approccio empirico esplorativo, è porre i partecipanti di fronte a diversi gradi di difficoltà di ricerca per capire quali comportamenti e strategie essi mettano in atto nei diversi contesti.