I processi cognitivi implicati nella presa decisionale dipendono dall'uso delle risorse cognitive necessarie per processare ed elaborare l'informazione. Infatti, sia il giudizio che la decisione sono determinate dal funzionamento della mente umana: solo attraverso la conoscenza delle caratteristiche del sistema cognitivo sarà possibile comprendere appieno tali aspetti.
Le strategie che vengono messe in atto nei compiti di giudizio e di decisione sono vincolate dalla modalità' con cui vengono percepiti, immagazzinati, elaborati e recuperati gli stimoli. A tal proposito é necessario, ad esempio, fare riferimento alla memoria di lavoro (WM) e a sue possibili limitazioni. Questo "tipo" di memoria ha, infatti, un ruolo centrale in tutte le forme di pensiero elaborato quali il ragionamento, il problem-solving e la presa di decisioni.
Newell (1973) definisce la memoria di lavoro (WM) come la "parte più attiva dei sistemi di elaborazione umana"; come un sito deputato ai processi di elaborazione e mantenimento delle informazioni. Alcuni autori descrivono la WM come "uno spazio di lavoro, che varia da individuo a individuo, che può essere diviso tra richieste di mantenimento, di elaborazione e di controllo dei processi elaborativi" (Baddeley, Hitch; 1974, p. 76). Le limitazioni di tale magazzino renderebbero difficile l'attuazione di alcuni processi cognitivi influenzando, quindi, la presa di decisione.Considerando che le risorse cognitive sono necessarie per implementare le operazioni mentali dei soggetti, incrementando il numero di "operatori", o utilizzandone di più', per raggiungere le finalità' del compito è necessario uno sforzo maggiore per attuare i processi implicati nella presa di decisione.
La presa di decisione, considerata come attività cognitiva a capacità limitata, vuole soddisfare più' obiettivi (Payne, 1978); la letteratura ne propone quattro:
Minimizzare il peso emotivo dovuto alla presenza di valori conflittuali fra le alternative (Hogart, 1987).
Raggiungere decisioni socialmente accettabili e giustificabili (e.g. Simonson, 1987; Tetlock, 1987).
Prendere decisioni accurate che massimizzino i vantaggi, cioè l'utilità' soggettiva ricavabile dal decisore (Payne).
Minimizzare lo sforzo cognitivo per acquisire ed elaborare le informazioni (Simon, 1978).
Zipf (1949) propone il principio del minimo sforzo cognitivo secondo cui viene selezionata una strategia che assicuri il minimo sforzo nel raggiungimento di uno specifico risultato desiderato. Inoltre, Wickens (1986) sostiene che, nel caso in cui ci siano due o più modalità, alternative che possono essere impiegate per affrontare un compito, la strategia usata sarà quella che rispetta il livello di criterio di performance che si vuole ottenere con il minimo di livello di sforzo.
L'accuratezza di una strategia é stata operazionalizzata come la capacità della strategia di portare a scelte che si avvicinino ad un criterio standard, ad esempio a scelte che si avvicino a quelle che si sarebbero attuate usando una strategia normativa come la WADD (e.g. Stone, 1995; Payne et al 1988); inoltre l'accuratezza dipende anche dal grado con cui una strategia assicuri scelte coerenti nel tempo (Rothstein, 1986). Lo sforzo cognitivo é stato, invece, operazzionalizzato in base alla quantità di tempo, alla quantità e tipo di operazioni mentali elementari (Mental Information Processes) richieste per l'esecuzione di una certa strategia decisionale (Bettman et al.1990).
Partendo dal presupposto che "gli individui decidono come decidere" considerando sia lo sforzo cognitivo sia l'accuratezza delle varie strategie, il decisore, secondo Payne et al. (1993), renderebbe massime le possibilità di utilizzare le informazioni necessarie per fornire un giudizio accurato. Il decisore per "decidere come decidere", per esempio, può considerare gli aspetti contingenti appresi tra gli elementi di un compito decisionale, (ad esempio il numero di alternative disponibili), e il rapporto accuratezza \ sforzo caratterizzante le strategie decisionali che possiede in repertorio (es. eliminazione per aspetti).
Si può affermare che, l'individuo cerchi di trovare strategie che lo conducano ad alti livelli d'accuratezza con uno sforzo cognitivo ragionevole in ogni compito di presa di decisione; spesso pero' i soggetti devono mediare tra l'accuratezza e lo sforzo nel selezionare una strategia secondo le richieste del compito, in tal caso è necessaria una certa flessibilità nell'utilizzo delle strategie da adottare. Le strategie che comportano scelte più accurate sono spesso quelle che implicano più sforzo, ciò indica come la selezione delle strategie sia il risultato di un compromesso tra il desiderio di prendere la decisione più corretta e il desiderio del minimizzare lo sforzo (Lipman, 1991; Shugan, 1980; Johnson et Payne, 1985).
Visto i vari aspetti che caratterizzano la presa di decisione, la valutazione della qualità di una decisione non risulta semplice; infatti le possibilità di scelta raramente presentano alternative che siano più rilevanti rispetto ad altre. Alcuni ricercatori hanno utilizzato misure d'accuratezza che si basano sul confronto tra le scelte di un soggetto, frutto dell'implementazione di una particolare strategia euristica, rispetto ad un modello normativo standardizzato, come quello della somma ponderata delle utilità attese (WAAD). Payne et al. propongono una misura dell'accuratezza che posiziona la performance di una strategia euristica tra il limite superiore, rappresentato dal risultato decisionale, che favorirebbe la WAAD, ed il limite inferiore, rappresentato dal risultato decisionale, che favorirebbe, al contrario, una modalità di scelta random.
Un'ulteriore variabile é l'importanza che una decisione può avere per un individuo; Payne propone tre alternative secondo cui il decisore cambia o determina l'importanza di un compito decisionale:
il decisore può dovere fare più di quello che sta facendo;
il decisore può cambiare alcuni parametri della decisione strategica;
il decisore può passare da una decisione selettiva, strategia non compensatoria, ad un processo più compensatorio.